2021 – Roberto Fassone

residenza a cura di GuilmiArtProject Federico Bacci, Marianna Fazzi, Lucia Giardino

26 luglio – 14 agosto 2021

Passare in rassegna le cose, nominarle facendole esistere, rubricarle per non farle sfuggire.

  • 2 performance, Possedut3
  • 1 film, La grande catena dell’essere
  • 1 screening, La grande catena dell’essere
  • 1 manica di multipli di Black Sabbath
  • 1 mietitrebbia
  • 12 profezie (libri ad personam – non acquistabili)
  • 50 magliette Ginnastica Artistica (rarità, non opere)
  • 20 magliette dei Black Sabbath (rarità, non opere)
  • Marianna Fazzi è effettivamente il ponte levatoio del progetto GuilmiArtProject

#coolness

Non bisogna per forza buttarsi nelle cose, entrarci, prendere partiti, intrecciarle con ideologie, vissuti. L’atteggiamento da tenere è cool. Imbevuti di coolness o freddezza, rileggiamo il termine come capacità di lettura, interpretazione, interazione, stando sempre sul pezzo e sapendo come muovere i pezzi degli scacchi per rimanere sempre e comunque nella partita con un metodo personale, acquisito ed efficace. Forse sarà quindi il caso di riferirsi a coolness come freschezza, così che si aggiungano elementi di gioventù e novità alla pratica lavorativa di Roberto Fassone, artista residente di GuilmiArtProject 2021.

#MIETITREBBIA

Roberto Fassone plana sulle cose: dall’alto il suo sguardo è in grado di avere una visione globale utile per appianare le fratture, raddrizzare le tortuosità delle strade secondo il suo metodo, risolvere rebus tramite nuovi calembour di sua invenzione tanto più demenziali di quelli già esistenti in natura, anche nella natura e cultura intorno a Guilmi. È il caso di Mietitrebbia un intervento, o un dono per il piccolo Alessio[1]: Mietitrebbia è né più né meno la parola preferita dal giovanissimo guilmese, trascritta su un foglio di carta di grande formato con stampa a caratteri mobili. Roberto Fassone non aggiunge altro perché non c’è altro. È ovvio tuttavia che l’artista individua l’assurdità del desiderio di un bambino nato e cresciuto in una dimensione rurale; ma sa anche l’assurdità è percepita come tale solo da chi solitamente s’interfaccia a contesti urbani e globalizzati. Accogliendo tale stranezza nella propria sfera di riferimento, apparentemente la normalizza, rendendo possibile il calembour semantico, più che parolistico, con la sottile tensione tra assurdo e normalità.

La parola preferita di Alessio in cornice africana e in macchina

Roberto risolve pacificamente l’esistenza di universi paralleli che non sono i suoi, ne è pure curioso. Ma piuttosto che attuare mediazioni che scardinano porzioni di vita e abitudini dei referenti a mondi diversi, a questi propone un terreno comune di giochi con regole in chiaro, dove gli eventuali compromessi valgono solo sul perimetro ludico. Se non si stesse al gioco, Roberto troverebbe nuovi players; al contrario non si lascerebbe mai trascinare in una dimensione eterodiretta in cui non abbia modo di attuare uno schema. Oppure di rilanciare, non per pura sfida o competizione, ma per il piacere del gioco. Per affrontare le situazioni con leggerezza, che non significa superficialità[2].

# FACTS

Riprendiamo i fatti: GuilmiArtProject corteggia Roberto Fassone almeno dal 2016. Dopo averlo visto all’opera in più occasioni, noi (di GAP), convinti per le nostre pratiche sul territorio che “abbiamo sempre bisogno di un mediatore, di uno sguardo capace di vedere e vivere il mondo là dove noi non riusciamo ad arrivare”, ci siamo interessati a lui come educatore[3]. Non che le sue pratiche artistiche e pedagogiche siano così distinte. Anzi, come Saverio Verini, riteniamo che tutta l’opera di Roberto Fassone sia, nemmeno tanto velatamente, didattica[4]. Se poi la sua persona è fisicamente visibile in entrambe le sfere, come è normale per un artista che realizza performance, l’ambiguità tra il lavoro artistico e quello più prettamente pedagogico aumenta.

Spesso con i suoi outfit tende a simulare ruoli che demistifica nel momento stesso in cui vengono presentati. Alto quasi due metri, niente che lui indossi è neutro, tanto più che spesso si tratta di un cappellino da basket e o camicie dai colori sgargianti. Eppure i suoi indumenti quasi scompaiono annientati dalla potenza dei ruoli multipli in cui si presenta: pedagogo, artista, giocatore di basket, medium, croupier, scacchista. E i riferimenti a Duchamp sono tutt’altro che circostanziali. Ma tali ruoli che espone sono quasi sempre funzionali a uno schema di gioco, nella cui arena, apparentemente assurda viene trascinato l’astante che ne cattura il senso e si trova a giocare o impara a giocare. Sì perché dagli incontri e dalle opere lievi di Roberto, senza saperlo s’impara sempre qualcosa: Fassone si muove sulle superfici e le opere che hanno a che vedere con questa dimensione (film, fotografie, pubblicazioni), sono probabilmente le sue più riuscite. Ovvio che ciò non voglia dire che egli sia un artista superficiale: rileggendo Calvino si coglie chiaramente il senso di cosa voglia dire “leggerezza” che “non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”[5].

Per tutto quello su esposto abbiamo lasciato che a un format pedagogico definito, che ripercorresse o meno le tracce della Nuova Didattica Popolare[6], Roberto Fassone sostituisse una produzione di opere e la presentazione delle stesse a Guilmi.

Queste hanno costituito il corpus della sua Ginnastica artistica: tutto ciò che abbiamo listato a inizio pagina, non è altro che lo svolgimento di esercizi didattici in cui Roberto, chiedendo la partecipazione attiva dei guilmesi e di chi ha condiviso con lui l’esperienza della residenza, ha di fatto impartito lezioni sull’arte e anche di vita.

In ordine sparso: La grande catena dell’essere

Roberto Fassone, La grande catena dell’essere, video still, 2021, courtesy l’artista e Fanta_MLN, produzione Guilmi Art Project

Roberto Fassone dà lezioni di vita? Forse è troppo, ma a GuilmiArtProject le ha date nell’estate 2021, all’insegna della sua leggerezza e metodicità. Inoltre cos’è agli occhi di molti il film La grande catena dell’essere, se non un trattato per immagini e brevi testi che superando “l’animalismo antispecista” e “l’antropocentrismo illuminato”[7] e avvicinandosi sorprendentemente ai pensieri calviniani[8], diventa un saggio sulla resilienza, sull’immedesimazione e le pratiche olistiche, oggi così indispensabili a coloro che, annuendo a Greta Thunberg, cercano di rinventarsi di fronte al collasso pandemico? O comunque di immaginarsi altro da sé, perché in tanti luoghi e in altre forme, forse staremmo meglio – o peggio -; oppure vorremmo sperimentare esistenze alternative, anche solo temporaneamente[9].

Roberto Fassone, La grande catena dell’essere, video still (5), 2021, courtesy l’artista e Fanta_MLN, produzione Guilmi Art Project.

Valicando le proprie pratiche consolidate di appropriazione e ricontestualizzazione, Roberto a Guilmi non attinge al web (se non per il cameo di un’aquila intenta a immaginarsi cucchiaino), ma produce nuovo materiale con attori guilmesi o persone di vicinanza. Tali attori, sono gli agenti di pensieri tanto liberatori e assurdi, quanto pedagogici, perché veicolano la pratica ludica e di possibilità che è propria dell’artista. Inoltre essi si prestano al suo gioco, che è puramente artistico, non commerciale e disinteressato o meglio interessato laddove si riconosca che: “ogni forma di vita esige che vi sia già una forma di vita nel mondo” e che “vivere è essenzialmente vivere della vita altrui: […]. C’è una sorta di parassitismo, di cannibalismo universale, proprio del dominio del vivente: si nutre di sé stesso, contempla solo sé, e ne ha bisogno per avere altre forme e altri modi d’esistenza. Come se la vita, nelle sue forme più complesse e articolate, non fosse altro che un’immensa tautologia cosmica che presuppone sé stessa e non produce altro da sé”[10].

Roberto Fassone, La grande catena dell’essere, video still, 2021, courtesy l’artista e Fanta_MLN, produzione Guilmi Art Project

Paroloni a parte, La grande catena dell’essere è un film sull’immaginare di essere qualcos’altro e anche sul wanna-be, locuzione che si riferisce alle aspirazioni a cui tende qualsiasi essere umano, specialmente nella sua fase adolescenziale, dove ancora si mantenga una sana tensione propulsiva verso l’altro e l’esterno. Il wanna-be rappresenta anche la speranza di chi vive in territori al margine come quello in cui s’innesta Guilmi. Forse questa è la chiave per spiegare il tanto entusiasmo con cui è stato accolto il film da chi ne ha preso parte e da coloro che lo hanno finora fruito.

Roberto Fassone, La grande catena dell’essere, video still, 2021, courtesy l’artista e Fanta_MLN, produzione Guilmi Art Project

Le musiche del Gabinetto del dottor Caligari, che fanno da sottofondo a La grande catena dell’essere, film altrimenti muto, derivano dalle passeggiate nel borgo guilmese, durante le quali Fassone nota l’andamento spezzettato delle strade sottolineato da una recente pavimentazione che, unita alla scenografia un po’ posticcia di alcune case rifatte, ha analogie col set del film espressionista. La colonna sonora è quindi stata un incontro casuale ma fortuito, che l’artista ha fatto suo, come nelle modalità da manuale surrealista, che Roberto Fassone non disdegna, anzi persegue.

In generale il film si discosta dalle opere di mashup di Fassone che attingono prevalentemente dal web e che quindi riconducono a un immaginario prevalentemente nord americano, vista la grande predominanza di quell’area geografica sulla rete. Citando Simone Ciglia durante una conversazione oltreoceanica, La grande catena dell’essere ha un sapore italiano, dove i borghi sovrastano il paesaggio, le case sono in pietra e il bar è il luogo di incontro, ma anche di solitudine (e disperazione, aggiungiamo noi, ché l’artista volutamente non la registra). Nel film c’è molto di più: oltre la chiesa, che potrebbe sembrare retorica, c’è il dramma dello spopolamento e gli investimenti delle pale eoliche. A questo punto però facciamo il gioco del taci[11] per adeguarci all’atteggiamento di Roberto Fassone che di fronte alla sovralettura di un suo poster di un concerto dei Black Sabbath a Guilmi nel 1976, in chiave dedominicissiana[12], si autocensura con un troncato “stica” in un’intervista con i nostri superfidati reporter di Zona Locale.

Di seguito la galleria di foto di Leonardo Giardino, che documentano i momenti seguiti alla prima prima de La grande catena dell’essere tenutasi il 13 agosto 2021 in Piazza della Didattica, ovviamente a Guilmi.

In ordine sparso: Il poster di Ginnastica artistica

Un altro saggio sulla leggerezza[13]. Carolina Cappelli, giovane artista assistente di Roberto Fassone che è stata ginnasta, non è l’atleta nel poster. Il titolo Ginnastica Artistica non è nato in riferimento alle olimpiadi, ma al metodo didattico di Roberto Fassone. Durante le olimpiadi di Tokyo 2020 occorse nel 2021 parallelamente alla residenza, abbiamo tutti parteggiato per le nostre ginnaste che abbiamo seguito prendendoci delle pause dal lavoro. I momenti di fronte al televisore della famiglia Giardino ci hanno dato gioia e un senso di coesione. Forse terremo il nome per altre edizioni di didattica a GuilmiArtProject.

In ordine sparso: Possedut3

Lasciamo a Federico Bacci lo spazio per scrivere un testo che complementi le due performance di cui avete un’intensa documentazione qui. Buona visione.

In ordine sparso: Incontro Saverio Verini introduce Roberto Fassone

Se Saverio Verini avesse la “r” rotante, sarebbe già stato assoldato per continuare la missione didattica di Pietro Gaglianò e Roberto Fassone. Saverio ha esordito con la captatio benevolentiae che suonava tipo: “Che onore essere a Guilmi, in questa piazza e di fronte a questa comunità, la cui fama ha risuonato in tutta Italia e altrove!”. A fine incontro Dina ha idealmente donato a lui, a Roberto Fassone e agli assenti Pietro Gaglianò e Daniele di Girolamo, una piccola sedia simbolo delle nostre riunioni in piazza, caratterizzate da grande empatia. Roberto Fassone si è sentito investito di uno scettro troppo pesante da portare in giro a cuor leggero.

Roberto Fassone, incontro pubblico con Saverio Verini, GuilmiArtProject2021

#BASTA per ora

Siccome questo scritto è andato ben oltre la sintesi che si voleva raggiungere e non è ancora approdato alla fine, interrompiamo forse solo temporaneamente la scrittura.

Se avete ancora voglia di vedere e leggere oltre, inseriamo dei link, sperando che restino funzionanti a lungo.

Ginnastica Artistica – CS

website personale di Roberto Fassone

Zona Locale

Espoarte

Juliet

Segno

Ringraziamenti: Nicola di Santo per le fotografie della performance Possedut3 “al balcone”; Leonardo Giardino per le riprese degli incontri pubblici e le fotografie post-inaugurazione; Luca Bruno per le stampe e il laboratorio Zenor; Samantha Lizzi e Paride Di Nardo per l’accompagnamento dei visitatori alla performance Possedut3 “al balcone”; Marco Maccarini per le riprese in casa video di Possedut3; Teresa Ciccarone e Eleonardo Giardino per il vitto; Federico Bacci, Carolina Cappelli, Pino Di Ciano, Paride Di Nardo, Bruna di Ninni, Marianna Fazzi, Lucia Giardino, Ottorino Giardino, Lucrezia Lalli, Maurizio, Ali Nazihl, Filippo Racciatti, Angelica Racciatti per aver immaginato di essere altro da sé; Alfonso Luciani per la preparazione dello schermo da proiezione; Giulio Lizzi per la logistica; Paride Di Nardo, Ali Nazih, Giulio Lizzi, per il set up delle varie location; Filippo e Manuel Racciatti per la cena post-inaugurazione; Nicola Barattucci per la fornitura di vino per la cena post-inaugurazione; Lu Barrott di Nicola per la sponsorship. Cecilia Buccioni per la presenza all’inaugurazione; Zona Locale nelle persone di Giuseppe Ritucci e Antonino Dolce per la loro presenza e professionalità.


[1] Non l’abbiamo nominata opera e quindi fuori dal catalogo dell’artista. Per tutte le opere di Roberto Fassone la courtesy è della galleria Fanta-MLN.

[2] “Leggerezza non è superficialità, ma planare dall’alto, non avere macigni sul cuore”, Italo Calvino, Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Oscar Mondadori, 1993, pag. 7-35.

[3] Emanuele Coccia, La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Il Mulino, 2018, pag. 32. A proposito dell’attività più prettamente pedagogica di Roberto Fassone, l’abbiamo esperita in più occasioni in ambiti accademici internazionali quali ad esempio, quelli di Florence University of the Arts e NABA, Firenze.

[4] Saverio Verini, Roberto Fassone. Quasi tutti i racconti, Postmedia Books, 2018

[5] Vedi la lezione sulla leggerezza di Italo Calvino, Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Oscar Mondadori, 1993, pag. 7-35.

[6] La Nuova Didattica Popolare è stata un formato educativo il cui setting di Federico Bacci prevedeva lo svolgimento in una piazza addobbata con sedie portate da casa, filari di lampadine, un tappeto per delimitare l’area del maestro, seduto strategicamente su una sedia più bassa di quelle del pubblico, un panchetto visibile per un videoproiettore e un piccolo schermo da proiezione. Tale format è stato specificatamente pensato per in contenuti sull’arte e il piglio comunicativo ed empatico di Pietro Gaglianò.

[7] Definizioni di Emanuele Coccia di una critica che, seppur sensibile alla rilettura del mondo in chiave anti-darwiniana, rimane pur sempre cieca di fronte all’esempio antigerarchico e disinteressato del regno vegetale. Emanuele Coccia, La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Il Mulino, 2018, pag. 12

[8] “[…] ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio”. Italo Calvino, op. cit, p. 7.

[9] “[…] Ai paradossi della coscienza, che rappresenta le forme solo a condizione di distinguerle da sé e dalla realtà di cui sono i modelli, la pianta oppone l’intimità assoluta tra soggetto, materia e immaginazione: immaginare è sempre diventare ciò che si immagina”. Emanuele Coccia, op. cit., p. 23

[10] Ancora una volta mi riferisco al testo di Emanuele Coccia, Ibidem, p. 17, che nel citato trovo particolarmente appropriato per le pratiche di Roberto Fassone e per il suo contributo a Alcune Coreografie, di Jacopo Jenna (collaborazione e danza Ramona Caia, musica di Mattia Bagnoli, costume Eva di Franco, organizzazione Luisa Zuffo, produzione KLm e Kinkaleri, coproduzione centrale Fies con il supporto di Palaexpo – Mattatoio | Progetto Prendersi Cura), presentato a Cango il 20 e 21 Novembre 2021.

[11] Gioco praticato da Roberto Fassone e Carolina Cappelli, durante la residenza a GuilmiArtProject 2021 e qui diventato quasi virale. Consiste nell’imporsi la rimozione dell’enunciazione di cattivi pensieri, specialmente, verso qualcuno e/o qualcosa fatto da qualcuno, pronunciando la parola “taci”, che di fatto si sovrascrive al pensiero negativo. “Taci” è un’altra delle lezioni di vita di Roberto, di fatto ascrivibile ad un’azione performativa costante. Non per niente, in uno dei comunicati stampa prodotti per la sua residenza a GAP 2021, avevamo fatto riferimento al concetto di Gesamtkunstwerk o opera d’arte totale.

[12] Riferimento all’opera Manifesto mortuario di Gino De Dominicis, prodotta e utilizzata per pubblicizzare una mostra dell’artista alla Galleria L’Attico di Roma nel 1969.

[13] “Se volessi scegliere un simbolo augurale per l’affacciarsi al nuovo millennio sceglierei questo: l’agile salto improvviso del poeta filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombo rombante, appartiene il regno della morte come un cimitero” Italo Calvino, op. cit. p. 16.