Cronache e considerazioni su una residenza d’artista, anzi due

GuilmiArtProject 2012 è stato molto articolato rispetto alle precedenti edizioni a partire dalla decisione di ospitare due artisti, Emanuela Ascari e Dem, invece di uno soltanto. Questa decisione è dipesa da diversi fattori tra i quali la nostra inclusione all’interno del progetto Vis a Vis – Artist in Residence Project, che ha di fatto inglobato la residenza di Emanuela Ascari. Emanuela, pur sviluppando il lavoro sotto la nostra egida, seguita passo passo da GAP e dal paese intero che ne è ormai partner attivo, si è coordinata con il progetto generale Vis a Vis, sotto la cura di Silvia Valente.
Invitati gli artisti nostra intenzione era di farli lavorare sulla storia e/o la conformazione del territorio. Apparentemente distanti per formazione e provenienza, e operanti in ambiti contenutistici e tecnici diversi, non speravamo di trovare fra i loro percorsi un possibile punto di incontro. Eppure l’incontro c’è stato.
Emanuela Ascari è arrivata a Guilmi il 19 luglio con la macchina carica di attrezzi per lo scavo, uno scanner e una macchina fotografica. Dem è arrivato a Guilmi il 4 agosto con la macchina carica di gusci di lumache e di ossa. Insieme a lui c’era Francesco Eppesteingher, suo curatore.
Entrambi gli artisti hanno iniziato la loro ricerca partendo dalla fascinazione per la storia orale del luogo. A Guilmi infatti la Storia viene raccontata sulla scorta di una memoria non storicizzata. I miti e le leggende sono parte integrante di un bagaglio culturale che storiograficamente non esiste: se si escludono accenni scritti a insediamenti religiosi, nel territorio dati tangibili dell’esistenza del paese risalgono al massimo al ‘700, come riportato sulla maggior parte delle iscrizioni sui portali delle case. Le tracce di un passato più antico sono state cancellate, a cominciare dalla cinta muraria probabilmente cannibalizzata dall’espansione settecentesca dell’insediamento, e dalla torre di guardia, rimasta oramai solo nella toponomastica (via Torrione). Guilmi dal punto di vista ufficiale è un paese senza storia, eppure l’inconscio collettivo dei suoi abitanti si alimenta di ricordi e fatti spesso appartenenti ad un passato reale poi trasposto e confluito all’interno di racconti e leggende paesane.
Queste narrazioni hanno dato l’avvio sia alla ricerca di Emanuela Ascari che a quella di Dem: il loro lavoro si è poi sviluppato in direzioni contenutisticamente e formalmente differenti.
Emanuela Ascari: le formiche/cavallette di Tripaldi
Guilmi, come molti paesi dell’alto vastese, ha una canzone che riguarda la sua storia, un retaggio di approccio omerico alla propria memoria. La canzone si chiama O Dolce Guilmi, è stata scritta negli anni ’50 da un maestro di scuola e ingloba al suo interno i miti e le leggende di una popolazione contadina che stava perdendo le proprie radici a seguito dell’emigrazione**.
Due versi in particolare colpiscono per singolarità:
Quando le cavallette, distrussero Tripaldi, i miseri mortali dovvetero fuggir.
Fece la cittadina che tanto cara, ad ogni cuor che s’allontan.
…
Vi fu in sacerdote che construì una chiesa per la difesa divenne un gran castel.
Ma furono bruciati i difensori resta per noi venerazion.
Ricapitolando: un’invasione di formiche/cavallette distrugge Tripaldi (l’ipotetico primo insediamento di Guilmi), gli abitanti si muovono verso il territorio attuale di Guilmi e insieme a un prete costruiscono una chiesa che diventa un castello. Tipico mito fondativo. Non è propio come l’Eneide, ma gli elementi ci sono tutti!
Incuriosita da questa canzone, e accarezzando l’idea che dove c’è una leggenda c’è anche una radice storica, Emanuela Ascari ne segue il testo e le suggestioni. Da artista del “fare”, scortata dal suo tutor locale Andrea, si mette in marcia nei dintorni del borgo, verso dove, secondo la leggenda, si ergeva Tripaldi, alla ricerca di tracce tangibili di quel che O Dolce Guilmi racconta.
Il lavoro dell’artista emiliana fa spesso riferimento all’archeologia: le sue pratiche si avvicinano alla metodologia di indagine della ricerca archeologica, ma applicate alla storia recente. Emanuela attinge ad una memoria ancora fresca, non contaminata da una stratificazione spessa e da una storiografia massiccia – elementi che, trasformando tutto in dati, potrebbero inaridire la ricerca artistica. Tripaldi diviene quindi per l’artista un ideale campo di studio. Su quel luogo la storiografia è inesistente, la sua presenza è rintracciabile solo in una canzone: nessuno sa veramente se sia realmente esistita, nessuno, fino all’estate appena trascorsa quando la ricerca di Emanuela Ascari porta ad una scoperta per noi inaspettata: Tripaldi è esistita davvero!
Appena al secondo giorno di ricognizione l’artista rinviene tracce di un abitato con resti murari molto antichi e una sepoltura affiorante a livello di superficie sulla sommità di quella che potrebbe essere la base di una torre di guardia o di una chiesa. Proprio come dice la canzone! A questo punto nel processo creativo di Emanuela si inserisce la prova di un’evidenza storica talmente forte da rischiare di far virare le sue pratiche verso l’archeologia vera e propria.
Da qui scaturisce una sorta di crisi dell’artista – e di tutti noi! -, che manda in tilt la sua prassi di lavoro per lo più lineare: infatti, nel momento in cui il dato di fatto entra così prepotentemente all’interno dell’opera d’arte, la parte di libera creazione, implicita in ogni lavoro artistico, diventa difficilmente sfruttabile. Il processo artistico segue in genere un percorso contrario alla scienza, che dalle intuizioni procede alla verifica. In questo caso, passando dalla suggestione all’evidenza storica, si è verificato un processo scientifico in ambito artistico. Parlo di “evidenza” anche perchè le tracce della torre/convento sono evidenti: circa sei metri di innalzamento murario e resti umani, come quel cranio che ci guarda da sottoterra!
Le implicazioni di un ritrovamento del genere non sono più solo “artistiche” ma diventano storiche e giuridiche. Secondo il codice Urbani della legislazione italiana, infatti, qualunque reperto storico si trovi sotto terra è di proprietà dello Stato e si incorrerebbe nel penale qualora si scavasse e/o prelevasse senza autorizzazione della Sovrintendenza. Di fronte ad un ritrovamento del genere Emanuela Ascari, abituata a scavare, a prelevare dal terreno per dare una lettura degli insediamenti umani attraverso lo scarto, è congelata. Se decidesse di scavare a Tripaldi non solo rischierebbe a livello legale ma inficierebbe anche il lavoro di un’eventuale futura ricerca scientifica. In ambito archeologico si procede seguendo la stratigrafia del terreno e datando il sito tramite i suoi reperti. Ma come affrontare la battaglia interiore tra l’Emanuela Ascari artista, tentata dalla prosecuzione dello scavo, per seguire fino in fondo le proprie suggestioni, e l’Emanuela Ascari cittadina, sostenitrice della ricerca positivista dell’archeologia e ben cosciente delle implicazioni negative di un eventuale scavo “illegale”?
La battaglia è stata affrontata per gradi inglobandola nell’opera d’arte: rendendo cioè esplicita un’operazione di denuncia e innalzandola a operazione artistica. Il ritrovamento di Tripaldi è stato segnalato alla Sovrintendenza attraverso un fax dal Comune di Guilmi, protocollato e recante in calce la firma del sindaco, dell’artista e mia come responsabile del progetto GAP. In allegato una mappa con la localizzazione dei siti. Alla segnalazione sono seguite presto la risposta e la visita dell’Ispettrice della Sovrintendenza, a confermare il carattere “archeologico” e l’importanza del ritrovamento. L’aspettativa della futura apertura di uno scavo ufficiale è stata però disattesa, sia per mancanza di fondi che per la scomoda ubicazione dei siti. In ogni caso si sarebbe dovuto ricoprire ciò che è stato trovato.
Se questa segnalazione ufficiale esemplifica l’etica del buon cittadino e placa l’impostazione archeologica di Emanuela, allo stesso tempo non sopisce, anzi, dà nuova linfa all’artisticità del progetto. La ricerca archeologica ha infatti al suo interno delle componenti “artistiche”: l’archeologo, proprio come l’artista, si può muovere tramite suggestioni e, se nel primo caso il testo di riferimento è, ad esempio, l’Iliade, nel secondo può essere O Dolce Guilmi. L’archeologo che trova evidenze inizia un processo di rielaborazione dei dati ed espone una propria tesi, come nel caso di Shliemann per la scoperta delle rovine di Troia e il presunto tesoro di Priamo; l’artista Emanuela Ascari trova le rovine di Tripaldi e inizia ad elaborarne un progetto, il cui stesso processo diventa opera e verrà esposto nella mostra a fine residenza.
Nella maggior parte dei casi ciò che avviene dopo il sondaggio di un’area di presunto interesse archeologico è la ricopertura dello scavo con terra inerte, i reperti vengono archiviati in cassette e il sito viene richiuso. Allo stesso modo l’artista invece di scavare decide di ricollocare i reperti in unità di misura ideale. È così che, in una cassa di legno di un metro quadro per lato, finiscono diciassette quintali di terra guilmese, scelta, pressata, e plasmata in forma perfetta. Erano tre i metri cubi in origine, ridotti ad uno dalla miscelatura con acqua e la pressatura a piedi nudi e bastoni. Questa è la genesi dell’opera Luogo Comune.
Il cubo di terra ancora inscatolato viene piazzato al margine estremo del paese, nella posizione ottimale per ammirare Tripaldi.
–
La sua apertura è avvenuta il 13 agosto alla presenza degli abitanti del borgo ai quali è stata narrata in forma orale, e quindi in pieno spirito “paesano”, tutta la vicenda del ritrovamento, della successiva segnalazione e dell’importanza di quegli atti.
Aperta la cassa un cubo dagli angoli perfettamente smussati, un oggetto scultoreo, ha imposto la sua presenza allo sguardo e ha invaso le narici di odore di terra umida. Il monolite di terra con il passare del tempo, e in preda alle intemperie, svelerà la storia di Tripaldi, reinserendola all’interno della vita naturale del paese.
La presenza a Guilmi di Luogo Comune ha da subito innescato fenomeni di ritorno: i cittadini hanno iniziato un processo di ricordo legato a Tripaldi e ad altre zone nei dintorni. Storie di cimiteri antichi in cima ai colli su cui si arava, di chiese antiche cadute nelle acque del Sinello, di pantani sonori*** e tante altre storie che abbiamo già iniziato a trascrivere. Il cubo (colloquialmente rinominato così) ha quindi il doppio merito di proteggere la storia, conservando nella terra quei reperti che sono serviti a costruirla, e di farla riemergere tramite la memoria e il racconto orale.
–
All’interno della galleria La Pithech Emanuela presenta i documenti, mappa e segnalazione, scambiati fra il Comune di Guilmi e la Sovrintendenza, e i reperti trovati sullo strato superficiale del sito in forma di disegni. All’esterno della galleria Emanuela decide di raccontare ulteriormente la storia di Guilmi in forma scultorea e operando il negativo sull’impronta del tempo.
Insieme all’installazione ne La Pitech Emanuela Ascari conclude un ciclo virtuoso di ridefinizione dell’idea di “bene comune”, che, secondo la definizione di Ugo Mattei****, include il nostro territorio, ma anche la nostra storia e la nostra cultura.
* Il progetto di residenza Vis a Vis ha incluso 4 paesi: Carpineto Sinello, Guilmi, Acquaviva Colle Croci e Montemitro e due regioni, l’Abruzzo e il Molise.
** Il fenomeno dell’emigrazione in cento anni ha portato la popolazione di Guilmi da 3000 a circa 300 unità attuali.
*** “Il pantano della Madonna”, dove pare fosse caduta la campana della chiesa di Tripaldi, che, rimasta nel fondo del fiume, suonava quando veniva colpita dalle pietre lanciate dai bimbi.
**** Ugo Mattei, Beni Comuni, 2011, Laterza, Bari