di Linda di Ciano
Sorprendere.
E’ questo ciò che fanno molti artisti che giungono a Guilmi, ogni estate, ormai da qualche anno.
Rapiti dal panorama, dai colori e sopratutto dalla tranquillità del paese, ogni artista, a modo suo, cerca di rompere, di smentire quei pregiudizi che sono tipici di un paesino di montagna, di circa 400 anime.
Durante l’estate appena trascorsa, i guilmesi, di cose “strane” ne hanno viste un bel po’, ma forse questo progetto di cui vi sto per parlare è quello che al principio ha destato più scetticismo.
Odor di brigantaggio così lo ha chiamato il suo ideatore Andrea d’Amore.
Per molti è stato un semplice rinfresco all’aperto a conclusione degli eventi di GuilmiArtProject 2014, ma in realtà il progetto parte da molto lontano.
L’idea principale è stata quella di ricreare un filo della memoria che lega il passato ed il presente ed è nata da una leggenda locale che Andrea d’Amore ha sentito raccontare al momento del suo primo arrivo a Guilmi, durante una ricognizione in primavera. Questa narra di una corda tra due costoni fronteggianti, attraverso la quale i paesani si scambiavano lievito madre ed altro. L’artista ha immaginato questo filo come un lungo spaghetto tra i due colli, le cui comunità di abitanti, si sarebbero riunite tramite la preparazione e poi la consumazione del cibo. Spaghetto dopo spaghetto, richiamando un’immagine leggendaria, Andrea d’Amore è riuscito a rievocare il passato, sviluppando un lavoro sulla contemporaneità.
Attraverso un piatto molto rustico, fatto di pasta fresca e erbe selvatiche, l’artista toscano ha voluto rendere il contatto/contrasto tra la vita domestica (gli spaghetti fatti in casa), e quella nascosta dei briganti, (la salsa composta di erbe e verdure raccolte nel bosco).
I briganti sono sempre stati descritti come uomini rozzi ed ostili, raramente come uomini rivoluzionari. Per lungo tempo hanno abitato le montagne e i boschi abruzzesi. Non a caso, infatti, la preparazione del piatto è cominciata proprio tra la selva guilmese, durante la tradizionale “Passeggiata ecologica”, dove Andrea, con l’aiuto speciale di altri “esperti” guilmesi, tra cui Ernesto, ha raccolto varie erbe tipiche della zona, come la cicoria, la borragine, la bieta, ma anche funghi, fiori e radici commestibili.
Successivamente, con la collaborazione di Angelo Racciatti, un ragazzo del paese appassionato di cucina, da poco specializzatosi all’Istituto Alberghiero di Villa Santa Maria, Andrea ha indossato i panni dello chef e ha preparato due salse: la prima composta da basilico, formaggio locale ed olio extra vergine di oliva; la seconda fatta con verdure ed erbe commestibili, lessate, frullate e poi addensate con Roux biondo (composto di olio e farina).
La preparazione della pasta, invece, è stata affidata a Dina e Floriana, due energiche signore di Guilmi, che la mattina del 12 agosto, si sono messe a lavoro in piazza, e, come se fossero le protagoniste di una performance teatrale, hanno realizzato pubblicamente gli spaghetti alla chitarra che avrebbero completato l’opera di Andrea d’Amore.
Simultaneamente, quest’ultimo, con l’aiuto di alcuni bambini, ha creato degli spaghetti, fatti però di porcellana, su cui poi ha inciso delle storie popolari, raccolte nei giorni precedenti nel paese, da un antropologo.
La sera del 13 agosto, dopo aver assistito alla presentazione del progetto di Juan Pablo Macías, stanchi ed affamati, finalmente, si poteva finalmente andare a gustare l’opera di Andrea d’Amore, di cui in paese si parlava da giorni. Ma le sorprese per il guilmesi, non erano ancora finite! Gli spaghetti, conditi con le salse, sono stati infatti serviti all’interno di una cialda fatta di legumi (tipica dello Sri Lanka), senza il supporto né di piatti né di posate, così da essere costretti a mangiare l’intera pietanza con le mani.
Tutto questo per richiamare ancora una volta le abitudini dei briganti e non spezzare quel filo della memoria che Andrea ha voluto ricreare.
Così, davanti ad un piatto apparentemente semplice e banale, ma di elaborazione articolata e corale, il passato si è confuso con il presente, lasciando però nell’animo di ogni partecipante un pizzico di nostalgia e riflessione, soprattutto rispetto a problematiche antiche che il piatto ha di proposito voluto rievocare e che sono presenti ancora oggi.
Odor di brigantaggio di Andrea d’Amore ha attivato innumerevoli collaborazioni tra i guilmesi e gli ospiti arrivati da altrove. In questo è stato il coronamento perfetto di un’edizione di GAP all’insegna della completa integrazione tra il paese e le attività della residenza. Ancora una volta la “passeggiata ecologica” è stata occasione d’incontri di persone, di scambi d’idee e saperi, dove, anche tramite il coordinamento della proloco e di Agostino di Ciano in particolare, si è potuto tessere lo schema di ogni scansione del progetto. Le persone riportate nell’articolo sono solo alcune dei tasselli fondamentali di Odor di Brigantaggio.
Il materiale fotografico per questo articolo è stato gentilmente concesso da Zachary Androus, Nicola Di Santo, Eleonardo Giardino, Thomas Kaufmann, Giuseppe Lancia.
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