
Protagonista dei GapLabs 2015 è stato Andrea Melò, personaggio uscito da un fumetto che, dopo la laurea in architettura, inizia a cimentarsi nella lavorazione dei più disparati materiali. Scenografo dalla metà degli anni ’90, stanco di una Milano che fagocita e poco dà in cambio, rientra a Bologna e continua le sue sperimentazioni che fondono il sapere delle nuove tecnologie con quello dell’artigianato e del lavoro puramente manuale. Oltre a fondere i saperi il nostro Melò si dedica da anni anche alla fusione del numero 13 della tavola periodica, l’alluminio; autocostruitosi una vera e propria piccola fonderia nel fienile di una casa al confine fra Romagna e Toscana, da novello Efesto crea le sue sculture che prendono spesso ispirazione dalla materia organica.
Non nuovo alle collaborazioni guilmesi, nel 2012 fa la sua prima comparsa sul territorio. Arrivato per farsi qualche giorno di vacanza tra arrosticini, ventricine e Montepulciano, incappa nel cubo di terra di Emanuela Ascari (Luogo Comune, 2012) e nella gestione di 17 quintali di terra che gli permettono di non tornare al nord con la pancetta. Passati tre anni, Guilmi ospita nuovamente Andrea, stavolta come promotore di un laboratorio che ha come esito finale la fusione in alluminio di modelli creati dai partecipanti.
Durante la prima giornata teorica il nostro Melò ci spiega la tecnica del polycasting avvalendosi di proiezioni video sull’argomento e di immagini esemplificative di oggetti da lui creati.

La tecnica consiste nel realizzare un modello in polistirene (materiale che si riesce a lavorare piuttosto facilmente tramite strumenti quali taglierini, bisturi, carta vetrata, colla a caldo), immergerlo in un contenitore (cassamatta) e ricoprirlo attentamente con una sabbia particolare che resiste alle alte temperature (sabbia refrattaria), infine versare il metallo precedentemente fuso attraverso delle canalette sempre in polistirene collegate al modello che sporgono dalla sabbia.
E qui avviene la magia: il polistirene scompare e al suo posto, una volta raffeddatosi il tutto, compare la nostra creazione in alluminio.
Gli oggetti ottenuti vengono poi ultimati manualmente con frese, lime, carta vetrata.
La lezione teorica introduttiva raccoglie un numero discreto di persone delle più variegate, tra gappisti vecchi e nuovi e guilmesi di generazioni differenti.
Giunti all’atto pratico, escludendo un manipolo di fedelissimi (tra i quali spicca Piero il fabbro), il numero dei partecipanti diminuisce, dopodiché, vinta l’iniziale timidezza di chi non è abituato al lavoro manuale e solleticati dall’idea di poter vedere nascere il proprio oggetto, le presenze nei tre giorni di laboratorio diventano diverse anche se non continuative.
Fra chi lavora con costanza al suo manufatto giorno per giorno, chi in quattro e quattr’otto crea una fibbia super punk, chi impegnato in altro (che siano collaborazioni gap anziché battesimi) trova comunque un po’ di tempo per proseguire la modellazione della sua creatura, chi viene a curiosare e ordina numeri civici non ci si è di sicuro annoiati.
Il momento magico è sicuramente quello della fusione: dopo un’attesa di circa 30/40 minuti, il fuoco termina la sua azione sulla materia sciogliendo gli scarti di alluminio nel crogiuolo alla temperatura di circa 700 gradi.
Andrea, terminata la vestizione (che comprende maschera protettiva, grembiule e lunghi guanti in materiale resistente) e munito di appositi attrezzi, rovescia il contenuto del crogiuolo nel catino con la sabbia refrattaria e voilà, la trasformazione della materia avviene sotto gli occhi dei presenti.
Dopo questa azione molto scenografica tra fumo e fiamme, il risultato è visibile dopo un tempo di raffreddamento di circa mezz’ora.
Ora che il grosso è fatto non resta che curare i particolari, levigare, lucidare e migliorare quel che ancora si può e si vuole.
Testo: Valentina Cencetti
Organizzazione gaplab: Valentina Cencetti, Francesco Eppesteingher
Ringraziamenti: Michela Giorgini e tutti i partecipanti al gaplab!