The long way to mORALE

processo morale.jpgI disegnetti dell’immagine allegata ripercorrono i passi principali che hanno portato Federico Bacci e Lucia Giardino ad invitare Cosimo Veneziano in residenza a GuilmiArtProject 2017, e la consequente realizzazione di mORALE da parte dell’artista torinese: l’insofferenza alle retoriche dell’arte nella comunità portate avanti da professionisti dell’arte, spalleggiati da bandi pubblici e contingenze politiche; la necessità di evitare il folklore che accompagna l’idea del fare arte nelle piccole comunità; la necessità tuttavia di trarre un bilancio di dieci anni di attività di GuilmiArtProject nel proprio territorio di riferimento; il fortuito incontro con Cosimo Veneziano, che in più occasioni ha trattato temi analoghi relativi al significato dell’opera d’arte, della cura, della valorizzazione, dei depositi e dei lasciti nei musei (vedi: Cosimo Veneziano. Appunti, in via di pubblicazione); l’accettazione della trasformazione del nostro progetto di analisi, da operazione scientifica in operazione artistica con il ripiegamento risolutivo verso la creazione del mORALE, il Museo Orale di Cosimo Veneziano.

Veneziano valuta mORALE
Cosimo Veneziano di fronte all’insegna appena istallata di mORALE, museo orale e diffuso nelle case dei guilmesi. Foto: Matilde Martino

Premessa: l’opera d’arte tra estemporanee e arte partecipata

Quando si parla di arte nelle piccole comunità, l’associazione immediata è sempre con l’arte partecipata, la quale ha rimpiazzato quasi ovunque, e non sempre per fortuna, le ormai obsolete estemporanee. In queste si producevano manufatti per lo più pittorici o scultorei di dubbia qualità, successivamente acquisiti dai comuni, che ancora restano a dare lustro alle scalinate e alle sale consiliari dei nostri municipi.

L’arte partecipata, etichetta tanto ampia quanto spesso impropria, può lasciare anch’essa manufatti di dubbia qualità, specie quando, sull’esempio dei community art center di stampo inglese e/o americano, autorizza un fare artistico condiviso, in cui l’artista delega le proprie competenze alla comunità che ne è priva. Altre volte l’arte partecipata non produce nessun manufatto e si concentra invece sul processo, risolvendo l’evento artistico nel momento dell’inaugurazione, in cui vengono presentate per lo più immagini

estemporanea verticale
Estemporanea di pittura a Guilmi promossa nel 2011 dall’amministrazione comunale. Foto: Christiana Caro

dove l’artista s’intrattiene con vecchi e bambini (anche GuilmiArtProject non è immune da tal tipo di documentazione, ma quando la useremo come oggetto artistico, vi prego, schiacciateci!!). Ebbene a nostro avviso, sia le estemporanee che l’arte partecipata sono dispositivi molto pericolosi proprio nelle piccole comunità. In tali contesti con poca alfabetizzazione alle materie culturali infatti, si rischia di far credere che produrre Arte sia un’affare di tutti; che un paesaggio dipinto risolva la tensione tra l’isolamento dei piccoli centri spopolati e la complessità del mondo contemporaneo; che l’arte contemporanea avvenga quando si crei empatia tra gli artisti e le generazioni, i migranti, gli agricoltori o le donne abusate…

GuilmiArtProject crede invece che l’Arte la facciano i professionisti chiamati artisti che “operano per lo più con partita IVA” (cit. Cosimo Veneziano) e che, proprio in quanto professionisti, essi siano in grado di produrre un atto o un oggetto simbolico che incarni le problematiche del proprio tempo, senza esserne compiacenti. GAP ha prodotto quasi esclusivamente opere transitorie, immantinenti, cioè nate immediatamente nel contesto e nel tempo specifico, ma anche non permanenti, per non lasciare all’arbitrio dell’indifferenza e della noncuranza opere che sono valide nel proprio momento. Eppure molte di queste hanno viaggiato dove sono state circostanziate, lette, apprezzate e prezzate con la moneta del sistema dell’arte (Centro d’Arte Contemporanea Ex 3, Firenze, Biennale d’Architettura di Venezia, Università di Pechino, Pratt University, NY, ecc…) .
Cosa resta invece delle opere d’arte a Guilmi? Dove gli artisti in residenza, rimanendo in paese per quasi un mese diventano “familiari”, amici dei curatori e quindi parte della sfera d’affezione e dell’ozio di chi è in vacanza, più che del negozio dei “professionisti”, di chi produce e lavora? Dove la capacità di dare un prezzo alle opere è remota e non solo per l’ovvia e legittima impreparazione ai meccanismi che fanno salire le quotazione degli artisti alle stelle, ma anche perché il reddito medio di qualsiasi guilmese li esclude automaticamente da un possibile accesso o interessamento all’arte come bene di consumo?

Idee

Da questi e da altri ragionamenti nasce per GAP l’esigenza di verifica sul suo stesso operato. Un’esigenza a cui cerca di rispondere tramite i Gaplabs, la  Nuova Didattica Popolare affidata dal 2013 al grande mediatore Pietro Gaglianò, e riflessioni da far confluire in altri progetti ambiziosi e pubblicazioni non realizzate finora. E’ proprio Pietro Gaglianò col suo invito nel 2016 a Cosimo Veneziano a Guilmi per la compilazione di un libro sulla didattica dell’arte, a far da galeotto all’incontro tra Veneziano, Federico Bacci e Lucia Giardino. L’incontro risolve infatti l’empasse della nostra esigenza, perché Veneziano si rivela presto come il grimaldello per aprire la porta di un museo virtuale tutto da costruire, in cui mappare o catalogare i lasciti degli artisti di GAP alla comunità guilmese.

Cosimo Veneziano, il sintetizzatore

crash
Cosimo Veneziano, Crash, 2014, marmo di Carrara, cm 23x90x 3. Courtesy Alberto Peola

Dall’esperienza con Pietro Gaglianò a Guilmi nel 2016, Veneziano porta con se’ una serie di domande, che sono le nostre stesse domande. E hanno tutte a che fare con l’opera, la ricezione dell’arte, la cura verso l’oggetto artistico. Veneziano, si è detto sopra, non è nuovo a questi ragionamenti, avendoli scandagliati precedentemente sia come artista, che come mediatore culturale all’interno del progetto di residenza Diogene, Bivacco Urbano da lui co-fondato. Da artista sa ridurre in pochi segni le stratificazioni di significato che l’opera d’arte incarna per una comunità, un ambiente sociale, un contesto lavorativo, o in una determinata contingenza storica. La verifica di GuilmiArtProject diventa quindi il progetto mORALE di Cosimo Veneziano.

La residenza

I ragionamenti con Cosimo Veneziano precedono la residenza. A distanza si snocciolano questioni e possibili rese su un lavoro concettualmente impostato nei mesi invernali ed primaverili. A tratti Cosimo scompare, ma saperlo attivo, tra le altre cose, su Petrolio, la personale dipanatasi in due importanti luoghi torinesi, e recentemente in una breve residenza al Museo Guatelli di Parma per la progettazione di lavoro da concludersi a settembre, ci rincuora: sappiamo che in contesti diversi sta macinando sugli stessi temi che ci riguardano: la presenza o la rimozione delle immagini; l’importanza e la considerazione dei segni; il display e la sua interpretazione; l’oggetto artistico e l’oggetto d’affezione; il valore reale e ipotetico dell’arte…

gif con autore
Cosimo Veneziano, mORALE, gif, 2017, GuilmiArtProject

In fase pre-residenza viene elaborato anche il logo del suo museo orale e diffuso, il cui nome viene approvato in un battere di ciglia, perché a tutto il resto unisce il sapore un po’ bacchettone che caratterizza il nostro approccio e quello dell’artista, quando si va a trattare di materia dell’arte. mORALE come “museo che all’asetticità di un’architettura dedicata e all’univocità delle informazioni scientifiche, preferirà la multiformità delle case private e l’inciampo del racconto dei guilmesi trasformati in veri e propri operatori museali. Il nome ironico ma programmatico richiama inoltre l’importanza dell’oralità come strumento primario di socialità, come elemento fluido e trasformativo, antagonista rispetto alla fissità della parola scritta; l’oralità come storicamente appannaggio dei contesti e delle tradizioni popolari e atto di resistenza di una comunità che decide di raccontarsi e non farsi raccontare; infine come verifica dell’acquisizione di proprietà di linguaggio relativa all’arte, per vagliare se la centralità dell’opera possa avere un senso in un contesto come quello guilmese e in generale nei luoghi decentrati e nelle periferie dell’arte”. E con il logo nasce la gif che si anima di opere iconiche, scelte tra coloro che hanno accompagnato la formazione artistica dei guilmesi tramite GAP.

Superato lo scoglio vaccinazione (l’artista è da pochi mesi diventato padre), Cosimo Veneziano arriva a Guilmi a fine luglio, bypassando il viaggio in Mercedes storica senza aria condizionata, conditio sine qua non per essere ammessi in residenza. Avendo già pagato il dazio con la sua prima venuta a Guilmi nel 2016, Veneziano può arrivare con agio in compagnia di famiglia e fotografo assistente alla documentazione.

verso guilmi
Federico Bacci, Cosimo Veneziano, Giuseppe Renda, Francesco Lauretta, Pietro Gaglianò sulla Mercedes ’83 verso Guilmi, Luglio 2016

Il viaggio in Mercedes in compagnia di Federico Bacci non è un vezzo, ma è diventato un lungo momento essenziale di scambio di idee tra artista e curatore. Quando si arriva in residenza la pianificazione delle giornate implode e il tempo dedicato agli astrattismi, ai racconti, alle delucidazioni e interpretazioni svanisce se non si ha una ferrea volontà di programmare l’ozio creativo. Il tragitto in macchina è quindi un tempo nodale per GuilmiArtProject, il paesaggio entra in macchina e offre spunti di riflessione che cambiano a seconda del luogo di partenza. Dopo l’uscita a Vasto Nord, il percorso per raggiungere il paese dà modo di affrontare tutte le contraddizioni della società contemporanea, e più il clima e bastardo, più si lasciano i convenevoli alle spalle, preparandosi al mood della condivisione degli spazi della casa in via Italia 30.

Tra accomodamenti nelle case di GAP, alcune da terminare, a Guilmi il gruppo curatori-artista-famiglia inizia a studiare una linea d’azione. Avendo già stilato un censimento di persone che negli anni avevano recepito opere residuali dei residenti di GuilmiArtProject, non resta che decidere come intervenire, andando direttamente nelle case dei guilmesi e, nonostante il convegno Community Affair del 2016 avesse già annunciato nostro progetto di un museo diffuso e le sue modalità, molti abitanti vengono colti alla sprovvista di fronte alla richiesta di palesare l’opera frutto della collaborazione con un tale o un talaltro artista.

Si inizia così con la prima visita discretamente annunciata a casa di Camillo. Con questa si cerca di applicare una griglia di analisi fatta di domande fisse e risposte variabili. Ma le successive visite ad Irene e Pino fanno virare Cosimo Veneziano verso un progetto meno partecipativo e più di stampo institutional critique. Veneziano comprende infatti che in un contesto come Guilmi – ma si potrebbe parlare di qualsiasi altro paesino della frammentata e negletta provincia italiana – le opere d’arte, anche quando esposte, come nel caso della casa di Irene o da Pino, non sono mai considerate tali, prodotte da un artista con la propria poetica e le ragioni di un progetto. Queste invece sono al meglio oggetti d’affezione; più spesso diventano referenti della persona ritratta (molte opere lasciate dagli artisti sono infatti immagini fotografiche, anche se non propriamente ritratti); altre volte sono completamente rimosse dal proprio patrimonio semantico e oggettuale: spesso cioè, il “collezionista”, pur ricordando di possedere un tale oggetto, non ne ricorda la provenienza e addirittura il possesso. Intervenire quindi sui luoghi di conservazione e di cura, più che sulle ragioni esplicitate dei singoli guilmesi, diventa quindi per Veneziano la chiave del progetto mORALE, in cui l’oralità della persona che possiede l’opera, pur rimanendo presente e potenziale, viene rimpiazzata dalla voce più forte del lavoro dell’artista.

Mentre Veneziano definisce sempre di più il lavoro, continuano le ricognizioni nelle case, che spesso offrono piacevoli sorprese che deviano la frustrante ripetizione delle verifiche. Ad esempio scopriamo che Bruna, la proprietaria del Bar Universal, pur conservando una delle sue opere residuali dentro uno stipo sopra la cucina del suo locale pubblico, i cui vapori hanno col tempo accartocciato la foto di Alessandro Carboni, coltiva una famelica passione per le opere d’arte, che ama però accaparrarsi gratuitamente o a un prezzo minimo. Le richiede infatti senza ritegno, ma con un sorriso disarmante, a qualunque artista le capiti a tiro.

da bruna
Al Bar Universal con Bruna. Foto: Matilde Martino

Tra le abitazioni da verificare ed eventualmente da adottare come cellula museale, c’è anche quella di Filippo Racciatti e, naturalmente per chi è al corrente del suo ruolo fondamentale in BAS, la banca del seme di Juan Pablo Macias, a Guilmi  e a Parigi, è chiaro che quando si ha a che fare con Filippo, non ci si può esimere dal visitare le sue coltivazioni biologiche e resistenti. Ed ecco che stiamo per perdere mORALE, perché vediamo partire Veneziano verso derive verdi e abbarbicarsi temporaneamente a Filippo, che definirà d’ora in poi “il terzo curatore”. Cosimo si sente legittimato nel suo cambio di progetto da un fumetto d’annata (1983), ma noi riusciamo a convincerlo di rimandare ad un’altra residenza il suo progetto green: se Martin Mystère ha aspettato tanto ché le banche dei semi venissero legittimate, Veneziano può permettersi di far germogliare il suo seme con agio e concentrarsi nel frattempo nella nostra verifica.

Il 7 agosto GuilmiArtProject va in trasferta, invitato da Massimo Palumbo, direttore del progetto Kalenarte, a confrontarsi con altri operatori impegnati in progetti d’arte in piccole comunità, tra cui Stefania Crobe e Marianna Fazzi, sulla scacchiera di Franco Libertucci a Casacalenda (CB). E’ la prima volta che, accompagnato dai discorsi più o meno edulcorati dei presenti, Cosimo Veneziano illustra le intenzionalità di mORALE al pubblico, dichiarando apertamente che a discapito delle premesse e delle metodologie adottate che prevedono di entrare in casa della gente, spesso senza essere nemmeno annunciati, mORALE non rientra nella sfera dell’arte pubblica o partecipata. E’ piuttosto una verifica disincantata che può valere per molti progetti etichettati come tali, che rivela quello che molto sospettano, ma pochi hanno il coraggio di ammettere: che l’arte in questi processi, è la protagonista sconfitta, perché alla fine dei conti, è proprio l’elemento che resta in ombra, oscurato dalle retoriche dell’empatia, della festa, della partecipazione, ma anche umiliato dalle politiche culturali che prevedono che l’artista operi a rimborso spese, quindi senza un compenso per il suo lavoro che si vuole poi donato alla comunità.

Non sappiamo quanto e che tipo di messaggio sia rimasto agli astanti di questo incontro – e anche qui ci sarebbe spazio per una verifica – ma lasciamo che mORALE faccia fiorire le sementi gettate nel suo solco e chissà se dallo stesso solco non nasceranno ancora altri germogli.

In corso d’opera

Siamo all’8 agosto: a questo punto mORALE è chiaro e cristallino nella mente di Veneziano. E’ tempo quindi di fare una stretta sul lavoro. Si procede così all’individuazione delle cellule museali da evidenziare, riducendole all’osso: un numero non troppo esiguo, che possa essere esempio di un’onesta campionatura, senza che diventi però un’inutile ripetizione di casistiche. E’ importante, ad esempio, avere una varietà di tipologie di opere residuali prese in carico dai guilmesi, cioè provenienti da vari progetti, che esemplifichino non tanto la diversità degli oggetti in questione, quanto il diverso approccio verso la cura. Con questo spirito rientra tra le cellule museali, l’interno della torre dell’acqua, che custodisce la struttura che regge il Solido alle intemperie (2013) di Fabrizio Prevedello. Anche fondamentale diventa la presenza del Comune di Guilmi, non perché spalleggi il progetto, ma perché tipicamente conserva in un armadio nella stanza del sindaco, l’opera Luogo Comune (2012) di Emanuela Ascari acquisita tramite bando pubblico, e che in virtù dello stesso ne dovrebbe garantire l’esposizione, la cura e la valorizzazione scientifica. Senza prendere posizioni mORALIZZATRICI, è ovvio che in questa cellula museale la svolta verso l’institutional critique del progetto, è talmente accentuata, da diventare quasi didascalica.

Stabilite le irrinunciabili, Veneziano individua le altre cellule museali, escludendo le troppo ovvie, le logistiche problematiche a fronte di una caratura media, considerando un’economia di prossimità. Alcune cellule saranno attive, diventando parte di un percorso reale in paese, da esperire singolarmente ed evidenziate tramite stendardi, o guidati da mediatrici preparate per la missione; altre saranno passive: appariranno come punti muti segnati su una mappa, a ricordare che il censimento di mORALE, che è in prima istanza un’opera d’arte, è un’antologia, non un progetto esaustivo ed enciclopedico. In tale forma quindi, scientifica e risolutiva, potrebbe continuare, qualora se ne sentisse la necessità.
Le cellule museali attive diventeranno altresì soggetti di opere finali in serigrafia. Questa tecnica di stampa è stata scelta per il significato intrinseco del mezzo che raffredda e distacca ulteriormente la mano e il commento dell’artista, ed è allo stesso tempo un mezzo imperfetto di riproduzione che consegna inevitabilmente un’opera unica – così come imperfetto e unico è il senso e il luogo del conservare di ogni cellula museale.

leonardo in laboratorio
Leonardo e Cosimo Veneziano in fase di stampa. Foto: Eva Frapiccini

Le sessioni di stampa nel laboratorio di Luca Bruno a Rocca Spinalveti durano più giorni e marcano una fase frenetica del lavoro, pausato da considerazioni per raffinare le scelte formali delle immagini e le formalizzazione di un display finale ancora soltanto immaginato. Cosimo dirige e produce e molti collaborano: l’aria è densa, il caldo è bestiale, ma il ritmo è quello fluido e trascinante di quando si è immersi in attività manuali.

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Intanto continua anche il lavoro sul fronte Guilmi, dove Cosimo traccia chiaramente la linea d’azione: il mORALE prevederà un quartier generale, che fungerà da ruolo di raccolta e di snodo delle cellule museali. Il quartier generale sarà alloggiato nella galleria La Pitech in via Italia, sede ormai storica delle restituzioni di GuilmiArtProject. Qui si procede a montare l’insegna, che resterà coperta fino alla serata inaugurale del progetto. Gli esterni delle singole cellule museali si guarniscono intanto degli stendardi stampati che le renderanno individuabili a chiunque decida di visitarle, bussando a casa dei proprietari.

Dopo le ricapitolazioni con i coinvolti nel percorso, con le mediatrici museali e con l’anima di turno che preparerà la cena, dopo una breve considerazione sull’allestimento, si decide di staccare la spina e andare tutti insieme a cenare alla Vecchia Cantina.

L’inaugurazione

Le immagini parlano, ma annientano quello che si vuole sottolineare per chi è poco avvezzo alla lettura e che mORALE ha deciso di non scontare. Per cui alla bella galleria di fotografie, aggiungiamo solo pochi commenti.

Federico Bacci, con la mira che ha spesso nel centrale bersagli offuscati, dichiara alla presentazione di mORALE: “dopo tanti negozi che chiudono, una nuova insegna si illumina in paese”. Non si tratta ovviamente questa di un’insegna commerciale, ma è un invito all’auto-analisi e non solo sulla sua relazione del paese con le opere d’arte. Come GuilmiArtProject si è analizzato ed è stato sottoposto, in occasione del suo decimo compleanno nel 2017, ad una spietata analisi medica da Cosimo Veneziano (cit. Elena Magini) così Guilmi (e qualsiasi altra cittadina con simili caratteristiche), dovrebbe porsi delle domande sui fenomeni che lo portano sempre di più all’isolamento economico, sociale e culturale. Questo non detto rimane sotto traccia per tutto l’evento inaugurale, durante il quale, ad una visita alle impietose opere serigrafiche nella galleria la Pitech, si fa seguire quella alle varie cellule museali del mORALE, guidati dalle mediatrici che professionalmente ne indossano il logo e rimangono il più possibile sulle loro. L’aplomb che Cosimo Veneziano aveva deciso di tenere durante la visita ai vari luoghi di cura, per far parlare il display o la sua assenza, quando il manufatto è nascosto in cassetti, stipi o cantine, scompare già dalla prima tappa: il percorso del mORALE diventa presto un pretesto per riattivare il lavoro. E non solo con i commenti spesso bacchettoni dell’artista e dei curatori, ma anche tramite i previsti aneddoti personali, che a volte sorprendentemente riguardano davvero l’opera d’arte e la leggono in maniera inusitata. Il percorso si conclude icasticamente nella stanza del sindaco in comune, dove si ricordano le causalità dell’opera non esposta di Emanuela Ascari, e dove, sulla scalinata di accesso ai piani superiori, fanno bella mostra i tanti dipinti delle estemporanee guilmesi…

L’opera mORALE

Col corteo del pubblico che si mette in marcia, la galleria La Pitech, fulcro del progetto mORALE, rimane illuminata e aperta, ma senza visitatori, ché tutti accorrono dove si sposta la festa. E’ la solita vecchia storia del grande circo dell’arte: finito il buffet dell’inaugurazione, l’arte torna materia degli addetti ai lavori. Ma è all’interno della galleria che mORALE mette nero su bianco le sue ragioni, lucide come uno specchio, asciutte come l’estetica di Cosimo Veneziano.

mappa percorso mORALE
Cosimo Veneziano, Mappa. mORALE, 2 fogli laser printed, 297 x 420 cm., GuilmiArtProject, 2017

Una mappa del percorso stampata in digitale e cinque serigrafie di grande formato che ritraggono dieci cellule museali, o luoghi che in vista o in maniera nascosta conservano opere residuali di artisti contemporanei che hanno operato a Guilmi. I luoghi sono due per ogni foglio, quasi a rimarcare che in certi contesti l’economia deve essere un linguaggio e non è un vezzo. La stessa ragione ha mosso la decisione di Cosimo Veneziano a non dare una mano di fresco alla galleria, per mantenere nel quartier generale di mORALE, la stessa aria di quotidianità e di indifferenza verso le opere che si riscontra nelle case private, dove l’opera, anche quando è esposta, è raramente allestita. Ed è sulla base della legge del decoro in ambito artistico, secondo la quale ad ogni contesto deve corrispondere un appropriato linguaggio, che mORALE, a latere dell’impietosa verifica sul fenomeno arte-residenze d’artista, ruolo dell’artista e valore dell’arte nelle piccole comunità, pone altri interrogativi relativi alla legittimità del metodo di conservazione, alla valorizzazione e alla promozione delle opere d’arte in contesti istituzionali, dove sono applicati metodi riconosciuti scientifici, che in ultima analisi non fanno altro che rispecchiare le ascese e cadute di un sistema che spesso si autoalimenta e autocelebra.

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Cosimo Veneziano, mORALE. Installation view. Cinque serigrafie 100 x 70 cm, galleria La Pietech, Guilmi. GuilmiArtProject 2017. Foto credits: Matilde Martino
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Cosimo Veneziano, mORALE, dettaglio di opera serigrafica. GuilmiArtProject 2017. Foto credits: Matilde Martino
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Cosimo Veneziano, mORALE. La Pitech, esterno. GuilmiArtProject 2017