Ottobre 2024
Artisti: Cecilia Blanco, Gisela Fantacuzzi, Martina Isernia, Cosimo Mollica e Lorenzo Sacchi.
On site curator Martina Macchia in dialogo con Lucia Giardino e Federico Bacci.
Testo: Martina Macchia
Immagini: Lorenzo Sacchi, Cosimo Mollica, Martina Macchia, Gisela Fantacuzzi

La prima edizione di Rosalba. Lo spazio cangiante ha dato forma a una residenza-studio, intesa come spazio fluido di socialità e ricerca. Ha guardato al territorio da prospettive terrene, popolari o aeree, solcando sentieri sterrati o spazi immaginari. Relazionarsi con l’architettura della casa intesa come focolare – luogo di appartenenza e ritrovo dove attivare scambi orizzontali tra progettazione e convivialità – ha permesso di pensare e ripensare al significato di comunità. Da questa lente è stato possibile fare comunità, tessere un processo dinamico che richiede fiducia e cura: non solo abitare e condividere uno stesso spazio di mondo quotidiano, ma soprattutto innescare processi a partire da un territorio comune extra-ordinario e cangiante, al cui interno si stratificano relazioni e pratiche di vicinanza condivise verso l’utopia.
Interrogarsi sul ruolo delle comunità radicate apre scenari nuovi rispetto al rapporto con l’alterità, portando attenzione alle esistenze che brulicano e si incontrano oltre l’umano: animali che vivono nelle montagne e praterie vicine, soggetti liberi o entità produttive e riproduttive, insieme a tutte le specie erbacee spontanee o piantate, parte del paesaggio come luogo culturale, vivo e parzialmente antropizzato, a cui si aggiungono funghi, compost e nuvole a bassa quota.
Secondo diverse modalità, ogni abitante temporane* ha interrogato le esistenze più che umane. Ha abitato per una settimana la casa multicolore di GuilmiArtProject e vissuto la quotidianità extra-ordinaria del paese che li ha ospitati.
La residenza ha avuto come centro di riflessione le pratiche dell’abitare e il fare comunità, delineando uno spazio di riflessione periferico, di confine, dove è stato possibile sondare attraverso pratiche interdisciplinari e condivise una modalità di resistenza collettiva all’egemonia del centro. Si è scelto di sostare e abitare il margine inteso come bordo e spazio di apertura, innescando processi di resistenza radicale e perpetua.
Tre entità artistiche, performative e laboratoriali hanno interagito con lo spazio cangiante della casa azzurra. Ognuna ha lavorato individualmente ma all’interno di un terreno comune, in ascolto dell’altro e dell’alterità.
Rosalba è stata un momento di ricerca, senza la richiesta la produzione di un’opera ma con la manifestata la volontà di co-progettare e mettere in dubbio e in comune, all’interno di una cornice fluida di socialità e progettualità espanse per comunità effimere e provvisorie.
Rosalba2024 è stata una comunità provvisoria formata da sei persone. Sarà e diverrà molte altre cose nel corso del tempo e nelle diverse edizioni. Il diario giornaliero di Martina Macchia ferma le riflessioni che si susseguono volutamente in forma libera.
Cecilia Blanco | Lorenzo Sacchi
Attraversando spazi residuali e margini di indeterminatezza Cecilia Blanco e Lorenzo Sacchi hanno percorso un tragitto a piedi da Bolognano a Guilmi, passando per la montagna della Maielletta. Hanno camminato per quattro giorni, percorrendo più di 60 km a piedi, portando con loro una pianta, una piccola quercia nata da un seme caduto al di là della recinzione che stringe l’abbandonata Piantagione Paradise di Joseph Beuys, che morì durante la messa in opera progetto. Ibridando l’atto del camminare, la costruzione di una narrazione e l’attivazione di una serie di atti performativi durante il percorso, hanno fatto emergere un’azione sottile ma concreta che ha tessuto una serie di relazioni tra elementi apparenti lontani: due corpi, un germoglio, uno dei più grandi artisti del ‘900. Modificando con un gesto invisibile il paesaggio, hanno piantato la quercia in un altrove locale, nell’idea che l’atto di “giardinare” è un modo per mettersi in relazione.









Martina Isernia | Cosimo Mollica
Altro incontro a più voci è stato il laboratorio itinerante e site-specific che ha successivamente preso la forma della più ampia progettazione per un’Area di sosta per nuvole, sviluppato da Martina Isernia e Cosimo Mollica.






Le nuvole, in particolare quelle che passano o si fermano a Guilmi, studiate attraverso attenti sopralluoghi mediati dalle telecamere di Google Maps già prima dell’arrivo, sono diventate metafora dell’atto di ospitalità: sono eteree ma parlano dell’umano. Al confine tra pratiche didattiche e artistiche, il laboratorio ha cercato di riflettere sulla disponibilità spaziale e temporale degli umani abitanti nel comune di Guilmi di fornire ospitalità alle nuvole di passaggio nel territorio. Il progetto, ancora in corso, ha interagito con bambine, bambini e persone adulte intessendo una fitta rete di dialoghi che hanno dato forma a una serie di materiali d’archivio tra cui figurano i questionari compilati, le registrazioni, gli esiti del laboratorio con la scuola elementare e una serie di appunti




Gisela Fantacuzzi
Il terzo nucleo è costituito dalla ricerca sul corpo e sullo spazio del quotidiano intrapresa da Gisela Fantacuzzi con La luce interrompe l’alba. Attraverso l’utilizzo della fotografia e dei metodi dell’etnografia, guardando al lavoro di cura ma anche alla sacralità dello spazio domestico e dei riti che lo contraddistinguono, il suo intervento ha tradotto in immagini digitali e performance la memoria e la tradizione orale, che trasmette il sapere popolare.





In un discorso intergenerazionale, che supera i legami di parentela biologici, ha chiesto alle abitanti di mostrarle e insegnarle come cucinare le sagne, facendosi ospitare nelle loro case. L’ultimo momento di questo percorso è stato collettivo e conviviale. Abbiamo cucinato insieme e lavorato sullo spazio allargato della casa, inserendo suoni e immagini in movimento in alcuni spazi simbolici dell’abitazione, come interstizi e la finestra che collega GAP con l’ecosistema esterno, in quanto punto privilegiato da cui osservare.





Diario di una residenza-studio o sul fare comunità.
Tentativi di tracciamento del quotidiano
Domenica 6 ottobre
Aspetto. La casa di Guilmi è vuota, Lucia è andata via dopo avermi accolta dai suoi genitori per il pranzo della domenica. C’è silenzio, un silenzio a cui non sono abituata. Ogni suono sembra esagerato rispetto agli standard uditivi della città, prende il suo spazio mentre la casa rimane in attesa degli ospiti che arriveranno tra domani e dopodomani. Io sono sola e i miei piedi scricchiolano come l’uva buonissima che mi si infila sotto i denti sprigionando il suo gusto dolciastro. Qui la terra dona sapori incredibili, delle cose appena raccolte o preparate con cura. Un moscone sbatte contro un vetro, le camere aspettano di essere riempite, il gatto dei libici vorrebbe forse entrare nella speranza di ricevere del cibo.
Dopo la pioggia che intermittente ci ha bagnate, tra ieri sera e questa mattina, anche se Guilmi non piove mai. Ora il cielo si è aperto in due. Spaccato come la montagna. Il sole scalda il crinale su cui il paese pesantemente poggia e risiede.
Lunedì 7 ottobre
Preparo la pasta con i ceci che sono rimasti in ammollo tutta la notte. All’ora di pranzo arrivano Cosimo e Martina con tutti i loro materiali: fogli colorati e tagliati, recuperati da scarti di laboratorio, pennarelli e colori di ogni tipo, libri portati più come amuleti che per leggerli e, tra questi, il Nuvolario. Quindi che si fa? Andiamo a vedere le nuvole, facciamo i primi passi insieme. Le bombette di Cosimo scoppiettano nel paese, sorridiamo già perché sappiamo che si sta preparando il terreno, siamo nello spazio liminale del passaggio. C’è la messa e la chiesa si riempie di persone. Incontriamo il padre di Lucia e un bambino in bicicletta a cui chiediamo (chiedo, in verità) senza ricevere risposta informazioni sulla liturgia, che richiama e accoglie tutte in quell’unico spazio di aggregazione: l’ultima terapia collettiva, direbbe Appino.
Martedì 8 ottobre
Oggi nasce la nostra comunità provvisoria. Alle 9:00 di mattina apro la porta di casa e saluto una signora, ha il foulard in testa come la maggior parte delle signore ultrasettantenni di Guilmi, e questo dettaglio mi fa sorridere. Le chiedo se il camioncino che porta il pane in paese – visto che qui non c’è il panificio – è già passato. Mi risponde di sì, ma nel tentativo di aiutarmi prende subito il telefono e chiama la signora Teresa, madre di Pino, che lavora al bar. Allora li raggiungo. Le finestre del locale chiedono al paesaggio di entrare, lo seguo e mi accordo per prendere pane e focacce il giorno successivo.
Qui ci sono questioni quotidiane e un esistere che funziona oralmente, con la parola e il passa-parola. Si chiede all’altro e l’altro chiede a te, si conosce e si saluta sempre. Anche questo mi fa sorridere. Comincio a conoscere, mi sforzo di ricordare i nomi.
Nel frattempo arriva anche Gisela, e decidiamo di andare insieme dal sindaco per fargli qualche domanda. Il municipio è a pochi passi dalla casa. Vogliamo vedere la scuola e conoscere la maestra Gina, ci accordiamo per andare nel pomeriggio.
Intanto con Cosimo, Gisela e Martina prepariamo il pranzo. Ci raccontiamo a vicenda mentre mangiamo la pasta al sugo, proviamo a districare pensieri sui progetti e sui giorni a venire.
Nel pomeriggio, come promesso, il sindaco ci viene a prendere al campo da calcio. Avevamo dato per scontato che arrivasse in macchina invece ci prende con il pulmino giallo della scuola. Le sedie blu sono piccole e dure. Andiamo verso Fonte Paradiso, poi passiamo nell’Aula nel bosco. Scendiamo, camminiamo. Il bosco di querce silenziosissimo ha già i colori autunnali e sotto il tappeto di foglie secche si nascondono organismi e creature non umane: funghi e un’infinità di ciclamini. Restiamo in ascolto, prima di arrivare alla scuola dove conosciamo finalmente la maestra. Martina e Cosimo si accordano per fare un laboratorio con i bambini delle elementari.
Al ritorno sul pulmino ci sono anche i bambini, uno di loro abita ad Atessa e quindi il bus fa un giro più lungo per accompagnarlo. Gli altri scendono a Guilmi, ognuno davanti alla porta della propria casa.
Nel primo pomeriggio arriva, nel frattempo, un messaggio di Lorenzo: con un buon binocolo ci potreste vedere. Dopo un paio d’ore i loro pugni alzati al cielo, arrivano a piedi da Bolognano in un tragitto di circa 100 km percorso camminando per il parco della Maielletta per la maggior parte del tempo e in parte con un bus. Con loro portano una pianta, una piccola quercia nata oltre la recinzione che confina. E’ la prima volta che siamo tuttə insieme nella casa.
Mercoledì 9 ottobre
La mattina presto bussa alla nostra porta Filippo, lo invitiamo a cena per cucinare la pasta tutti insieme.
Dopo aver passato la mattinata a parlare al bar di Pino, insieme a Gisela cerco una signora che possa insegnarci a fare le sagne, pasta tipica di Guilmi.
Abbiamo cucinato tutti insieme nella cucina azzurra. Cecilia si è occupata di fare un’insalata perché avevamo bisogno di verdure. Insieme a mele, finocchio e lattuga ha fatto una salsa deliziosa. Io e Martina ci siamo occupate di preparare pipi e patate, un piatto calabrese che ci ha insegnato la madre di Cosimo. Chico ha scritto sul nostro gruppo whatsapp – che è diventato comunità eterea digitale – di prendere il vino buono delle bit box. Ridendo lo abbiamo bevuto, poi ci siamo spostati in salone. Cosimo è poi tornato in cucina per preparare il porridge per la mattina dopo. Ora si lavora, sono le 23:23. Lorenzo ricalca i bordi della giovane quercia su Illustrator, Gisela prova i suoni registrati e sposta la cassa nelle nicchie. Cosimo e Martina preparano il terreno per il laboratorio itinerante. Anche Cecilia è al computer, e mentre scrivo queste parole io ho in mano la Copia quasi perfetta del libro come spiegare a mia madre che quello che faccio serva a qualcosa.
Giovedì 10 ottobre
Con il proseguire dei giorni di residenza è sempre più difficile aggiornare questo diario, passare dal vissuto esperienziale all’elaborazione razionale e formale. Oggi siamo stanchissime perché con Filippo abbiamo attraversato il bosco in cerca di erbe spontanee, fiori e funghi. Ne abbiamo trovati molti, soprattutto di galletti, siamo state fortunate.
Nel pomeriggio la maggior parte di noi ha dormito, nel silenzio della casa, nel punto di osservazione che unisce il lungomare e la Maiella.
Venerdì 11 ottobre
Continua la ricerca per imparare a fare la pasta. Con Gisela entriamo in un’altra casa, la mamma di Raffaella ci mostra come prepara le sagne.
Finalmente è arrivato il giorno di fare il laboratorio nella biblioteca, estendendo l’invito e l’atto di ospitalità anche alle bambine e ai bambini della scuola elementare. Il sindaco ci consegna le chiavi della biblioteca e apriamo le porte. Sembra una sorta di autogestione. Martina pulisce tutto con la cura preziosa che distingue i suoi gesti, Cosimo scatta fotografie con occhio curioso. Qualcosa si insinua tra la polvere e le ragnatele di un posto che non vede spesso la luce, eppure brilla. Arrivano i primi genitori che accompagnano figlie e figli. Fanno parte di un’unica classe che raggruppa la terza, la quarta e la quinta elementare. Si inizia con una domanda: chi di voi ospiterebbe una nuvola nella sua casa?
Sabato 12 ottobre
Questa mattina abbiamo contato i passi che ognuna ha impiegato per percorrere il tragitto che separa la casa di GuilmiArtProject dal luogo scelto, insieme anche all’aiuto di Filippo, per piantare la quercia. Intorno alla pianta abbiamo messo delle pietre, in una visione antimonumentale, probabilmente fragile: esposta al mondo. Su una pietra è stata incisa la traccia del sentiero percorso da Cecilia e Lorenzo.
Parallelamente continua il laboratorio itinerante, incontriamo una ragazza e un ragazzo argentini che escono dalla palestra. Ci parliamo, raccontiamo delle nuvole. Li invitiamo a cena. Si vedono pochissime persone tra i 20 e i 30 anni a Guilmi, sembra un evento raro incontrare dei nostri coetanei che abitano quei territori, quindi ne approfittiamo subito.
L’ultima cena è ricchissima, loro sono nostri ospiti e portano del vino. C’è Gisela che prepara la pasta, che ha raccolto tutti gli insegnamenti in una serie di gesti performativi. Non capiamo se sta danzando o cucinando. C’è Filippo e a un certo punto arriva anche Franco. C’è la tovaglia con la bandiera della Turchia. E un pentolone enorme e tutte le nostre mani che gettano i quadrati di pasta nell’acqua bollente. Alla fine della serata abbiamo tutti nella testa e una frase risuona nella mia testa: cerca la radice madre.






